PROGETTO EFFE
Don Angelo Campora:
un prete con il Vangelo
e la Costituzione
fra le mani
La valorizzazione del volontariato
nell’azione solidale
per gli “scarti” della società
Intervista a Brunella Bruni
avvocato, sposata con Piero e
mamma di Maria, collaboratrice storica di Don Angelo Campora.
Marco Caramagna
Quando hai incontrato Don Angelo ed i ragazzi del Carcere Minorile?
“Nel 1979, tornando dall’Università, Claudio Cervero ed io parlavamo della Procedura Penale e lui mi disse che il Cappellano dell’Osservatorio Maschile di Bosco Marengo aveva costituito un gruppo di volontariato che si recava settimanalmente a trovare i ragazzi all’interno del Carcere Minorile, proponendomi di andarci.
Pensai potesse essermi utile a livello di studio e mi resi disponibile a partecipare. Mi ritrovai con loro presso la Madonna del Suffragio, dove Don Angelo era stato Viceparroco, e partimmo con alcune macchine per andare all’Osservatorio Maschile di Bosco Marengo. Fu così che conobbi Angelo e che cominciai a recarmi all’interno di quell’Istituto come volontaria di un gruppo molto eterogeneo.”
Quale fu il primo impatto?
“Provai un’esperienza ‘forte’ che poi ho rivissuto anni dopo, dovendo entrare nel carcere degli adulti, l’Istituto San Michele di Alessandria. Entrando mi sono sentita tagliata fuori dal mondo e ‘nella disponibilità’ dell’Istituzione.
A Bosco Marengo abbiamo cominciato ad avere contatti con i giovani detenuti, a livello ricreativo- di solito ci si recava là il venerdì pomeriggio-, sportivo e in occasione di feste e di altre ricorrenze. Al termine delle partite di calcio, in estate, Don Angelo celebrava la Messa sul prato che diventava un momento molto particolare e di intensa condivisione tra volontari, detenuti e guardie.”
Quando, come e perché sono nati i Volontari di Bosco Marengo?
“Il gruppo di volontariato che un tempo si chiamava Gruppo di Volontari di Bosco Marengo è nato nel 1978, quando, all’indomani della riforma carceraria, erano stati introdotti il Volontariato all’interno degli istituti di pena ed altre forme di apertura all’esterno delle carceri. Ad Alessandria, del Carcere Minorile si era interessata la Provincia, organizzando eventi che contemplavano anche l’ingresso di gente comune all’interno dell’Istituto, proprio per realizzare l’apertura dell’istituzione alla cittadinanza e l’ingresso della cittadinanza nelle istituzioni”.
• Perché Don Angelo dedicava una particolare attenzione a giovani già segnati da episodi violenti di vita?
“Ho sempre ritenuto che per Don Angelo una motivazione importante, anche se certo non l’unica, quando decise di fare il sacerdote, sia stato proprio il fatto che l’essere sacerdote gli avrebbe permesso di occuparsi del prossimo e soprattutto degli umili, degli ultimi, quelli che Papa Francesco chiama gli “scarti”, nella massima misura possibile.
È singolare che la persona che mi ha maggiormente illuminata sul principio costituzionale dell’uguaglianza non sia stato un professore universitario, pur avendo io avuto buoni professori, ma sia stato Angelo che mi ha aperto gli occhi sul significato dell’articolo della nostra bella Costituzione che sancisce come l’uguaglianza si ottenga con la giustizia sociale, rimuovendo gli ostacoli che ne impediscono la realizzazione. Mi sono trovata legata a lui, come tanti si sono trovati legati a lui, dall’aspirazione di riuscire a contribuire, ciascuno nel proprio piccolo ed insieme, come Gruppo, ad una società più giusta, più equa, dove tutti avessero realmente pari dignità e le medesime possibilità.
E, in effetti, se, a distanza di decenni, c’è ancora una associazione che persegue questi fini significa che le linee “guida” che la ispirano sono ancora attuali, vitali e condivise.
Anche ‘Pagine Azzurre’ è stata voluta da Don Angelo, un anno prima della sua morte, proprio perché pensava che un modo efficace per esternare, per diffondere i nostri ideali, le idee forza del Gruppo fosse la carta stampata (non essendoci allora né Internet né i social).”
Come è maturata l’idea de: “Il Gabbiano”?
“Nell’insegnamento di Angelo era presente la spinta a partecipare alla “dimensione pubblica della vita”. Ad Alessandria, contemporaneamente, sia pure con modalità diverse, operava anche un altro protagonista della realtà cittadina, Piergiuseppe Alvigini, il quale, riunendo intorno a sé il Volontariato Alessandrino, propugnava la partecipazione alle decisioni ed iniziative di rilevanza pubblica. Una sorta di rivendicazione, pacifica ma determinata, della possibilità di condividere la gestione della cosa pubblica che, talvolta, fu vista con un po’ di sospetto, quasi si ponesse in concorrenza al principio della rappresentanza Politica.
Don Angelo, per cosa pubblica, intendeva attività e servizi rivolti alle persone in generale e, specificatamente, ai bambini, agli anziani, ai portatori di handicap, a chi si trovava in situazioni di fragilità. I servizi, la loro qualità ed il loro buon funzionamento dovevano essere d’interesse per ciascun cittadino che, adoperandosi, a vario livello, per ottenerli, incrementarli ed aumentarne il livello qualitativo, col proprio contributo, sia pur entro limiti circoscritti, partecipava alla gestione della cosa pubblica.
Dapprima c’erano solo i Volontari. La Cooperativa “Il Gabbiano” - il nome è derivato dal Gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach- è nata perché c’è stato un salto di qualità. Conoscendo tutti questi ragazzi con problematiche, comprendemmo, da un lato, che, se avessero avuto la possibilità di essere collocati sul territorio in alternativa al carcere, avrebbero potuto avere delle prospettive migliori e, dall’altro lato, che la maggior parte era entrata in carcere avendo a monte situazioni familiari di disagio e disgregazione.
Alla luce di ciò, nacque l’idea di operare sia nell’ambito della prevenzione sia nell’ambito dell’ausilio per la dimissione dal carcere. Ci dedicammo, dunque, a due tipi diversi di comunità. Per entrare in rapporto con gli Enti e per stipulare convenzioni con l’Amministrazione Pubblica occorreva una forma giuridica idonea. Adottammo quella della Cooperativa di Servizi, in seguito trasformata in Cooperativa Sociale. Nacque, quindi, la Cooperativa Il Gabbiano, costituita da una parte di noi del Gruppo di Volontariato.
Per quanto riguarda la prevenzione fu provvidenziale l’incontro fortunato con il Responsabile del Servizio Socio Assistenziale dell’allora Ussl 70 di Alessandria, Michele Dovano - in un momento storico in cui il servizio era stato attribuito all’Ussl 70 - il quale, a sua volta, aveva intuito la possibilità di aprire in Alessandria una comunità per minori che facesse prevenzione accogliendo i bambini che si trovavano in situazione di disagio per i quali il servizio ritenesse di dover assumere la misura dell’affidamento etero familiare.
A nostra volta, eravamo alla ricerca di una casa e stavamo approfondendo i procedimenti amministrativi per l’apertura di una comunità di questo tipo. Era innovativa per i tempi e penso sia stata – a parte Torino- la prima in Piemonte. Il Ragionier Dovano ascoltò Don Angelo, Sandra Gazzani, Paolo Bellotti e la sottoscritta circa il nostro progetto e vi credette. Nacque una attività in Convenzione con l’USSL 70. Cominciammo dal primo gradino nel senso che andammo a vedere un immobile, “Villa Borsalino”, da ristrutturare.
Nel frattempo avevamo intessuto rapporti con il Tribunale dei Minorenni di Torino ed alcuni Giudici di quel Tribunale vennero a vedere la nostra Comunità Borsalino. In essa furono inseriti Minori che i servizi sociali avevano riscontrato in situazione di grande disagio e per cui era stato disposto l’affidamento etero familiare nella nostra Comunità, in base alla legge n. 184 del 1983. Aprimmo un’altra Comunità, sempre in Alessandria, in Via Ghilini, ove, invece, venivano ospitati ragazzi che uscivano dal carcere e venivano collocati a vario titolo sul territorio. Riguardo a questa Comunità, dedicata al recupero e al reinserimento, la struttura era fornita dal Gabbiano stesso che l’aveva presa in locazione da un privato.
Più tardi, quando il Servizio Socio Assistenziale passò al C.I.S.S.A.C.A., Consorzio dei Comuni dell’Alessandrino, contribuimmo ad aprire sul territorio il primo Servizio di Educativa Territoriale. Conoscemmo la nuova Responsabile del Servizio, Anna Maria Solera, dipendente del Comune di Alessandria e stipulammo una Convenzione per l’utilizzazione di Educatori nei nuclei familiari a rischio e nei Centri Diurni e Laboratori in cui i Servizi Sociali inserivano i Minori.
Più tardi furono aperte le Comunità di Via Tortona e di Via della Maranzana; con riguardo a quest’ultima, la casa era di proprietà di un altro Sacerdote di Alessandria, amico di Don Angelo, Don Gianni Cossai, il quale ci aveva concesso l’immobile in comodato gratuito. In Via della Maranzana, come anche nelle altre Comunità, si realizzò un’efficace e fruttuosa collaborazione tra Educatori Professionali e Volontari. I più noti Operatori Volontari di Via della Maranzana, due coniugi, “Gip e Maria Rosa”, sono un ricordo indelebile per tutti noi che nutriamo, per loro grande riconoscenza e rispetto.”
Quali difficoltà ci sono state nella costituzione del Gabbiano?
“Il momento storico è stato un momento particolarmente felice. All’indomani della riforma del diritto penitenziario e delle altre grandi riforme, si fruiva di una benefica spinta verso il cambiamento e di una convergenza di volontà e di forze innovative. E fu così che potemmo la collaborazione del Direttore del Carcere Minorile, Dr. Iavagnilio, Dirigente illuminato e seriamente intenzionato ad applicare in modo proficuo la nuova normativa anche a vantaggio dei ragazzi dell’Istituto di Bosco.
Al di là del clima favorevole, certamente abbiamo incontrato difficoltà di vario ordine.
Incomincio dalle difficoltà di ordine familiare. La mamma di Don Angelo, Bruna, era preoccupatissima perché riteneva che il figlio, Parroco di Lobbi, si caricasse di attività in eccesso e aveva timore che non riuscisse a far fronte a tutto. Io stessa destai preoccupazioni in casa.
In diversi nel Gruppo, poi, decisero di trasformare il loro impegno nel Sociale in lavoro, diventando Educatori, talvolta lasciando precedenti studi ed impegni lavorativi. Spesso dovettero faticare per spiegare la loro scelta alle famiglie. Quanto al contesto della Diocesi, Don Angelo aveva ricevuto critiche da coloro che non ritenevano conciliabile il ruolo di Parroco con quello di Responsabile di Cooperativa e Comunità. In allora il suo impegno non fu interamente capito. Con tutto ciò, gli ideali di solidarietà che noi abbiamo vissuto con tanto slancio insieme a Don Angelo trovarono terreno fertile in quell’epoca di riforme giuridiche, sociali e culturali.
Un altro ordine di difficoltà fu quello di carattere economico perché tutte le nostre attività avevano dei costi e spesso i corrispettivi non arrivavano o arrivavano con ritardo o erano insufficienti. Oltre che portare avanti i servizi in favore delle persone, vi era la responsabilità di garantire stipendi – sia pur sobri- e contributi previdenziali ai ragazzi che, affidandosi a noi, si erano messi in gioco come educatori professionali o altro. Don Angelo, dunque, si è anche trovato a dover fare i conti con consulenti del lavoro, INAIL, INPS, ricerca di sovvenzioni, normativa del lavoro, previdenziale, fiscale, ecc. ecc.; tutto ciò non fu poca cosa.”
A quali altri ambiti guardava don Angelo Campora?
“In lui c’era la tendenza ad individuare professionalità. Il lavoro era importante per Don Angelo. Non mi ha stupita aver saputo, anni dopo, che suo fratello Carlo era impegnato nelle società di mutuo soccorso, perché ho sempre visto in Don Angelo rispetto e cura per il lavoro ed una vera attitudine ad individuare nuove opportunità di lavoro, quali risposte ai bisogni delle persone -minori, anziani, disabili, carcerati, tossicodipendenti, ecc. Laddove si rivelava la necessità di intraprendere attività e di fornire servizi, potevano essere individuate nuove professionalità e nuovi posti di lavoro. Così, oltre al Gruppo di Volontariato la cui opera sta proseguendo tuttora tramite la nostra associazione, Don Angelo diede vita alla Cooperativa Il Gabbiano.
Resta il fatto che, quando creò la cooperativa, Don Angelo mirava a dare risposte ad esigenze Sociali (apertura di Servizi come le Comunità alloggio per Minori, l’Educativa Territoriale che operasse all’interno dei nuclei familiari o in Laboratori, Centri Diurni, ecc.). Contestualmente individuando le professionalità per la fornitura dei suddetti Servizi creò dei posti di lavoro.
Mentre adesso ci sembra del tutto naturale che nei Servizi tossicodipendenze operino anche gli Educatori, un tempo nell’équipe delle tossicodipendenze non era contemplata questa figura professionale.
Don Angelo, tramite la Cooperativa, fornì Educatori a quel Servizio che solo successivamente, tramite concorsi, poté assumerne dei propri. All’inizio si era sopperito a quella carenza del Pubblico tramite una convenzione attraverso cui Il Gabbiano stesso fornì prima due e poi quattro educatori all’interno del Servizio tossicodipendenze.
Quindi, c’è sempre stato anche questo percorso ‘duplice’.
Veniva individuato lo stato di bisogno di soggetti fragili. Il Gruppo di volontariato si prodigava per individuare modalità di aiuto, gratuite realizzate tramite Volontari, come il Doposcuola oppure il laboratorio di rilegatoria o del cuoio. Per fornire servizi svolgendo attività più strutturate, il Gruppo operava tramite la Cooperativa, creando, così, dei posti di lavoro.”
Ci sono state difficoltà dopo la morte di don Angelo?
“Ricordo che quando morì ci sentimmo tutti orfani. Sgomenti, annichiliti, spaventati. Quando hai un punto di riferimento, come la madre o il padre, e tale punto di riferimento viene a mancarti, capisci che sei adulto e che, d’ora innanzi, dovrai camminare da solo. Angelo, poi, è morto giovane, quindi nessuno di noi era preparato e avrebbe mai pensato che potesse capitare quello che, ahimè, capitò.
Si svolse una riunione a Villa Borsalino molto accesa. Qualcuno pensava che io o qualche altro “anziano” del Gruppo avrebbe potuto sostituire Angelo. Prevalse, alla fine, l’idea di chiedere di subentrargli, nel Gruppo e nella Cooperativa, al Dr. Giuseppe Quarantini, persona seria, capace, con meno “anzianità” nel Gruppo rispetto ad altri, ma con esperienze e competenze più vicine a quelle di Don Angelo.
La successione di Angelo è stato un motivo di grande apprensione per tutti, soprattutto per Quarantini, ma continuammo nella direzione indicataci da Don Campora, fermamente convinti, come il Don ci diceva sempre che: “Camminando s’apre cammino.”
Veniamo ora a “Pagine Azzurre”
“Direttore di “Pagine Azzurre” era Giuseppe Quarantini. Proprio nel momento in cui Angelo ci lasciò noi potemmo continuare con ‘Pagine Azzurre’ a propugnare quelle che erano le nostre motivazioni, le nostre attività, il nostro impegno nel sociale e a raccontare alla cittadinanza che c’è un certo modo di porsi rispetto al pubblico e ai bisogni della gente.
Purtroppo, ad un certo punto, la cooperativa Il Gabbiano, che in allora non aveva ancora sviluppato sufficienti competenze di tipo economico finanziario, si trovò schiacciata dalle società concorrenti che, invece, erano costituite ad hoc per partecipare alle gare per l’assegnazione dei servizi pubblici e più forti sotto il profilo finanziario ed economico. Subimmo, perciò, con la perdita degli appalti, il venir meno di risorse economiche e tra i tagli resisi necessari vi fu, perciò, quello di ‘Pagine Azzurre’.
Qualche anno dopo, nel momento in cui ci siamo ritrovati come Gruppo di Volontariato, decidendo di scrivere il libro su Don Angelo e raccogliendo tutte le sue testimonianze – e visto e considerato che erano cambiate le situazioni, che si prospettava ora la possibilità economica di sostenere il costo di ‘Pagine Azzurre’ -, ci è sembrato importante riprendere la pubblicazione della Rivista.
Fin dall’inizio, peraltro, fummo consapevoli del fatto che il cartaceo avrebbe poi dovuto essere affiancato da un giornale online e da forme di comunicazione legate ai social.
Abbiamo, però, ritenuto importante riproporre la testata, pur consapevoli che è piccola cosa nel contesto alessandrino, per riproporre proprio le motivazioni e le idee forza di Don Angelo e dell’Associazione che porta il suo nome. Da un lato, ritornare a proporre la condivisione di esperienze rilevanti in ambito sociale - sia nostre sia di terzi, sia principalmente sul territorio sia anche fuori dal territorio - significa proporre dei modelli. Dall’altro, sempre secondo il modo di operare insegnato da Angelo, cerchiamo di creare e di aiutare delle professionalità.
La nostra Rivista, alla quale si è ora affiancato un Giornale on line, può individuare una figura di Giornalista particolare che si occupi del sociale, sia sensibile al discorso dell’eguaglianza e dell’aiuto ai cosiddetti ultimi o, ‘scarti’ dell’umanità. Un tale tipo di Giornalista può, forse, avvalersi del nostro giornale come di uno strumento utile, non solo a livello di tirocinio per diventare Pubblicista, ma anche per formarsi dal punto di vista sostanziale.
Un giovane aspirante Pubblicista o Giornalista, utilizzando i nostri spazi per scrivere, può cimentarsi nella ricerca e nell’ approfondimento del ‘sociale’, del diritto all’eguaglianza nel senso sancito nella nostra Costituzione, dell’interesse superiore del minore a poter sviluppare la sua personalità fisica e psicologica in modo libero e completo, della tutela di tutte le categorie fragili, della difesa dei diritti della persona e via via di tutte le tematiche di rilevanza per la nostra Rivista ed il nostro Giornale on line.”
Associazione
Don Angelo Campora Odv
Via Convento, 11
Capriata d’Orba (AL)
Carlo Campora
Cell. 333.4759772
Bruna Bruni
Cell. 348.4778291
“L’Associazione é fondata sul volontariato,
che si avvale in modo determinante e
prevalente di prestazioni volontarie,
personali, spontanee e gratuite di soci e simpatizzanti senza fini di lucro.”
Obblighi informativi per le erogazioni pubbliche:
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Supplemento a "Pagine Azzurre" - Direttore Responsabile Marco Caramagna - Aut. Trib. Alessandria n. 30 del 18/11/2014